giovedì 20 settembre 2018

Le 4 fasi del conflitto nell'Arte del Processo

Come cambiano le stagioni, anche un individuo, una coppia, una famiglia, un'organizzazione, attraversano varie fasi. Per un facilitatore, la consapevolezza della fase del conflitto in cui si trova l'individuo o l'organizzazione che intende facilitare è cruciale, perché lo aiuta a valutare dove si trova il suo cliente e gli dà una direzione su come intervenire.

Nel suo libro "Conflict: Phases, Forums, and Solutions" Arnold Mindell descrive quali sono le fasi di un conflitto e quali sono le caratteristiche per poterle riconoscere. Ecco le tipiche fasi:

Fase 1: può essere riassunta con un "Divertiamoci!". In questo periodo ci divertiamo e non prestiamo attenzione ai problemi. La concentrazione su sé stessi è una caratteristica di questa fase. Cerchiamo divertimento o attenzione dagli altri e marginalizziamo emozioni negative o problemi esterni.

Fase 2: è caratterizzata da tensione e conflitto, come un problema che non può essere più marginalizzato. Siamo arrabbiati o spaventati dal problema (X) e cerchiamo di combatterlo o di evitarlo. I tipici passi di un processo di gruppo sono importanti specialmente in questa fase.

Fase 3: è un periodo in cui avviene lo scambio di ruolo. In questa fase la nostra relazione con X (la cosa che ci disturba) cambia. Cominciamo ad aprirci all'altra parte, siamo capaci di immaginare o sentire come l'altro e vediamo l'altro come un aspetto di noi stessi.

Fase 4: in questa fase siamo rilassati e distaccati sia da u (la nostra identità) sia da X (la cosa che ci disturba). Siamo capaci di percepire e seguire come il nostro Sé profondo o la Mente del Processo ci muove. La fase 4 ci dà anche una panoramica distaccata e compassionevole di come tutte le fasi cambiano, inclusa la stessa fase 4! Spesso ci muoviamo a fase 1 dopo essere stati in fase 4.

mercoledì 19 settembre 2018

L'intelligenza artificiale e il Mito della Genesi

Che cosa hanno in comune l'intelligenza artificiale (IA) e il mito della Genesi ?
Qualche giorno fa ha attirato la mia attenzione un articolo che commenta i risultati di uno studio cinese sugli effetti dello sviluppo e dell'utilizzo dell'IA in Cina. Si prevede la perdita di 50 milioni di posti di lavoro nei prossimi 15 anni nell'ipotesi migliore. Secondo lo studio, entro il 2030, l’automazione – innescata da un più pervasivo impiego dell’IA – sostituirà un quinto delle posizioni nell’industria manifatturiera. Quasi 100 milioni di lavoratori saranno costretti a cambiare professione nel caso in cui il processo di conversione alle macchine dovesse procedere a un passo più sostenuto. Le ultime proiezioni sembrano tuttavia andare oltre, arrivando a minacciare anche le mansioni ripetitive dei colletti bianchi: entro il 2027, mentre il settore finanziario cinese impiegherà 9,93 milioni di persone, l'automazione porterà una sforbiciata del 22% dei posti di lavoro in banca, del 25% nel mercato assicurativo e del 16% nel mercato dei capitali. Al contempo, le ore di lavoro per il personale fisico subiranno una riduzione del 27%.

Che ci piaccia o no l'IA sarà qualcosa sempre più presente nelle nostre vite quotidiane che sicuramente cambierà il nostro modo di vivere, lavorare e forse anche quello di pensare. Nell'altro mio articolo commentavo le riflessioni di alcune elementi brillanti della nostra epoca sui rischi dello sviluppo incontrollato delle IA. Rischi che non riguardano solo il tema del lavoro ma anche quello del predominio su questo pianeta.

Da un punto di vista simbolico l'intelligenza artificiale rappresenta il desiderio dell'essere umano di espandere all'infinito il suo potere e la sua conoscenza ovvero il desiderio di diventare come Dio. E qui arrivo al mito della Genesi, dove il serpente suggerisce ad Eva di mangiare il frutto dell'albero del bene e del male e di diventare come Dio.
Sappiamo tutti com'è finita, Dio scopre il misfatto e caccia l'uomo e la donna fuori dal paradiso terrestre. Sempre nella Genesi (Gen. 11, 1-9) troviamo l'episodio della Torre di Babele. Ancora una volta gli esseri umani cercano di arrivare fino a Dio costruendo una torre talmente alta che tocchi il cielo e ancora una volta Dio reagisce, facendo in modo che gli uomini, che prima parlavano una sola stessa lingua, parlassero tante lingue diverse e non potessero più comprendersi e completare la costruzione della Torre.



Lungi da me l'intenzione di dare una interpretazione religiosa di questi miti. I miti ci aiutano a comprendere l'essenza di una data cultura. Sono insegnamenti profondi che hanno a che fare con le sfide fondamentali della nostra vita. In questo caso l'insegnamento è chiaro: ogni volta che l'essere umano supera troppo i propri limiti va incontro ad un disastro. Penso anche ad Icaro le cui ali di cera si sono sciolte con il calore del sole.
Un altro mito che ci viene dalla Bibbia è quello del Popolo Eletto. Nel libro dell'Esodo Dio esprime esplicitamente la sua predilezione per il popolo ebraico. Implicitamente anche nel mito della creazione il fatto che Dio crei l'uomo a sua immagine e somiglianza e metta l'Eden a sua disposizione esprime una evidente predilezione per la razza umana. Questa credenza è patrimonio di molto culture e, alimentata dalle religioni, è stata concausa e giustificazione di molti comportamenti razzisti, nazisti, fascisti, colonialisti, sessisti. Oggi questa credenza ha una influenza, anche, su come vengono trattati gli animali e la natura e sulle aspettative che molti hanno sull'IA. Molte persone danno per scontato che l'essere umano abbia il controllo - per mandato divino - di questo pianeta e di quello che accadrà e che, se in un dato momento prenderà vita una IA autocosciente, questa sarà al puro servizio dell'essere umano.
La realtà è che l'uomo è una specie dominante sulla terra da pochissimo tempo, nella prospettiva delle Terra. I dinosauri l'hanno dominata per milioni di anni e poi sono scomparsi. Forse anche il dominio umano sta per terminare ?

I cambiamenti climatici, i comportamenti razzisti, la distribuzione iniqua della ricchezza, i rischi connessi a uno sviluppo incontrollato dell'IA, non sono scollegati tra loro. Tutti questi problemi hanno a che fare con l'ignorare, consapevolmente o meno, il fatto che facciamo parte di un sistema più grande di noi e che cercare di accumulare risorse senza preoccuparsi delle conseguenze di ciò che facciamo può avere effetti disastrosi. Non è una questione morale, è una questione fisica. Un sistema tende a rimanere in equilibrio e pertanto ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Come spiega bene Otto Scharmer nel suo ultimo libro sulla Teoria U, c'è un disaccoppiamento tra la struttura della Realtà Sociale e la struttura del Pensiero Economico con cui ragioniamo.


La razza umana non è il Popolo Eletto. E' una parte importante di un Sistema più grande in cui o impara ad agire in armonia con il Sistema o il Sistema troverà un nuovo equilibrio.

sabato 4 agosto 2018

Su razzismo e antirazzismo

Recentemente ho visto un bellissimo film. Si chiama il "diritto di contare". Racconta la storia di tre giovani ragazze di colore che negli anni 60 sono riuscite a superare i pregiudizi razziali e sessisti e ad avere un ruolo da protagoniste nella storia dei viaggi spaziali americani.
E' l'epoca di Martin Luther King, John Kennedy, Malcolm X. L'epoca in cui per le persone di colore c'erano posti riservati negli autobus, c'erano bagni riservati, uffici riservati. E' un'esperienza che ci sembra lontanissima, eppure non sono passati ancora 60 anni. Ci sembra lontanissima quell'esperienza perché le sofferenze e le lotte di quegli anni non sono state inutili. Qualcosa è cambiato a livello collettivo. Oggi, l'idea che una persona possa essere considerata inferiore per via del colore della sua pelle o a causa del suo genere è, collettivamente, ritenuta sbagliata. Naturalmente continuano a verificarsi episodi di razzismo o di sessismo. Lo vediamo tutti i giorni, nella politica, nel lavoro, nelle relazioni. Siamo in grado di vederlo perché oggi c'è più sensibilità su questo tema, siamo, collettivamente, più consapevoli rispetto a 60 anni fa. È un processo che si deve completare. Abbiamo fatto molti passi avanti, dobbiamo farne ancora.

Viviamo un momento storico, in Italia, di fenomeni di contrapposizione definiti, per esempio, di razzismo e di antirazzismo. Sì compara questa epoca storica con altre epoche storiche ignorando tutto quello che c'è stato in mezzo, i passi in avanti che sono stati fatti, la sensibilità e la consapevolezza che, collettivamente, l'umanità ha acquisito grazie alle lotte e alle sofferenze che ci sono state nelle ultime decine di anni.
Abbiamo di fronte a noi problemi che richiedono soluzioni complesse ma la gestione della complessità è qualcosa che ci infastidisce nell'attuale contesto tecnologico di necessità di soddisfazione immediata dei bisogni. Abbiamo troppe cose a cui prestare attenzione, a cui pensare. Abbiamo bisogno di soluzioni semplici, di slogan che fanno capire che parte stiamo e chi sta sbagliando: gli altri, ovviamente.
E' un meccanismo che serve ad allontanare il disagio che sentiamo di fronte a questi problemi. Naturalmente questo meccanismo i problemi non li risolve però, per un po', ci sentiamo meglio.
Collettivamente, abbiamo altri passi da fare. Abbiamo bisogno di eroi capaci di guardare il disagio che hanno dentro senza proiettarlo sull'altro, capaci di accettare che anche nell'altro c'è una parte, per quanto piccola, di ragione.
Eroi capaci di ascoltare tutte le voci e di aiutare le persone a trovare soluzioni condivise a problemi complessi.


lunedì 2 luglio 2018

Il Mito della Vita nell'Arte del Processo

Il Mito della Vita è usato nell'Arte del Processo per dare una struttura che permetta di capire chi siamo e chi stiamo cercando di diventare.
Come leader nelle organizzazioni una maggiore consapevolezza del nostro scopo più profondo può aiutarci a capire il significato che si nasconde dietro le sfide che stiamo vivendo.

Il termine Mito della Vita è stato coniato da Jung per descrivere tutte le varie tendenze e influenze a lungo termine che insieme intrecciano la trama unica della vita di ogni individuo. Alcune di queste tendenze appartengono alla natura innata della persona mentre altre sono legate ai contesti culturali e familiari, al background storico e alle esperienze personali. È ciò che ti rende unico e diverso da ogni altra persona. In questo modo ognuno di noi ha le proprie sfide e i propri talenti. Ognuno di noi incontrerà le sfide della vita nel nostro modo unico.
Questa idea di avere un principio di organizzazione di fondo appare anche nella cultura "aborigena", dove la persona viene a volte indicata come una canzone dei sogni. "La vita è un tempo in cui la persona può cantare la sua canzone e vivere il suo sogno. L'espressione di quella canzone dà un senso alla propria vita e alla propria comunità." Mudroororoo (1994, p.64)

Jung notò nel suo lavoro che c'è una tendenza nella vita di ogni persona a rivisitare certi archetipi / figure nelle nostre vite e nei nostri sogni. Un modo per scoprire il nostro mito della vita è concentrarsi sui nostri primi sogni o ricordi d'infanzia. Ci sono alcune tendenze e modelli che si ripetono continuamente. Ed è ancora attraverso i nostri ripetuti incontri con questi modelli che possiamo crescere, svilupparci e connetterci con il nostro potenziale creativo.

Quindi il concetto del mito della vita è che c'è un progetto di base o un processo di sogno che modella le nostre vite. In un certo senso ci sono strutture che sono fatti immutabili, per esempio, dove siamo nati, cosa ci è successo nei primi anni della nostra vita, certi tratti innati della personalità, ecc.; ma pensare a questi come puramente deterministici è troppo limitante. Siamo esseri sognanti, fantasiosi e creativi in ​​grado di prendere in mano il nostro destino e usarlo come una tela su cui dipingere un quadro meraviglioso. Attraverso l'impegno attivo con il modello nella nostra vita diventano poteri che possiamo imparare a usare in modo creativo. Baker ed Edmunds (2009)

Questa è l'idea del mito della vita. Se diventiamo consapevoli delle influenze chiave e delle difficoltà che emergono continuamente nelle nostre vite, possiamo sfruttare consapevolmente quei poteri per la nostra crescita e lo sviluppo piuttosto che sentirci in balia di loro. L'Arte del Processo ha una quantità di metodi e tecniche per scoprire e dispiegare il suo significato e scopo. Come leader è utile per noi sapere quali sono i nostri modelli di base, qual è il nostro sogno più profondo e dove diventa evidente nella vita professionale. [*]

[*] Traduzione italiana di "Spirituality, leadership and management, seventh national conference proceedings: leadership for the merging world / Glenn Martin, Claire Jankelson, editors, p.122"



I miti presentano storie di dei, eroi leggendari, esseri con qualità o poteri speciali. Alcuni di essi raccontano la storia della creazione del mondo e dell'essere umano. Raccontano la storia dall'inizio dei tempi. Non abbiamo miti che stanno guidando la nostra vita ora. Nel suo saggio, Miti per Vivere, Joseph Campbell analizza e spiega l'origine e la funzione che miti e leggende hanno e hanno avuto presso i diversi popoli. Essi ci mostrano modalità di trattare con le differenti fasi ed aspetti dei nostri conflitti interiori ed esteriori, incluse le sfide fondamentali della vita. Il mito ha a che fare con l'energia base della nostra vita. Pensando alla vita come un viaggio mitologico è più facile comprenderne il significato. Come mi giudico da un punto di vista "mitico" ? I miti sono collegati a una data cultura, servono come radici o base per lo sviluppo culturale e ci aiutano a toccare l'essenza della vita.
Le fiabe sono meno locali in termini di cultura. Possiamo trovare gli stessi temi in tutto il mondo. L'analista Junghiana Marie Luise Von Franz, specializzata nell'interpretazione di fiabe scrive che le fiabe trattano di una sola cosa: il viaggio verso il Sé.

Il Mito della Vita si riferisce ad esperienze psicologiche di base che affronteremo nel corso della vita. E' un modello "compresso" che comprende alcune energie o qualità di base che siamo tenuti a sperimentare, esprimere o trasformare. Un modo per esplorare il Mito della Vita è lavorare con il primo sogno o memoria o fantasia di bambino. Un altro modo sono i sintomi cronici. I sintomi non sono solo individuali, non ne siamo responsabili, non siamo colpevoli. Il corpo ci parla, molti sintomi e limiti appartengono alla cultura.

Anche le dipendenze possono darci informazioni sul Mito della Vita. Alcune sono orribili ma la nostra psiche non è stupida. Con la dipendenza stiamo cercando un certo stato di coscienza, ci arriviamo quasi ma non esattamente. Non riusciamo a utilizzare questo stato e ci proviamo, perché ci eravamo quasi.

Ripetute difficoltà nelle relazioni. Le persone che incontriamo portano con sé l'energia che non sappiamo come utilizzare. Se, per esempio, le persone non rispettano i miei limiti, può essere parte del mito della vita.

Un elemento importante in questo contesto è il concetto di Alleato.
L'alleato è qualcosa che è al tuo fianco e ti aiuta. Nelle favole, quando il protagonista sembra stia per soccombere, qualcosa appare e cambia le sorti dell'eroe. Qual è il tuo alleato nei momenti in cui tutto sembra andare male?
Nella tradizione sciamanica, così come ci viene raccontata da Carlos Castaneda, l'alleato è invece qualcosa di molto diverso, di molto pericoloso. È un potere che aspetta e minaccia il guerriero nel posto dove si sta da soli, nel momento di difficoltà. Attraverso il confronto con questo potere, il guerriero acquisisce parte di questo potere e, a quel punto, diventa il suo più grande alleato. Possiamo trovare questo potere nei momenti più difficili della vita.
Attenzione a dire che tutto ciò che ci accade è buono, ed è importante dire no a questi eventi, dal punto di vista etico, sociale. Quando sono pronto ad affrontare esperienze traumatiche, allora posso affrontarle ed apprendere. È una scelta decidere che un evento può essere un alleato oppure no. Un evento può avere entrambi i lati, il lato terribile ma anche essere un alleato.

Nell'Arte del Processo scopriamo il Mito della Vita lavorando su:

  • sogni dell'infanzia
  • primissimi ricordi
  • sintomi cronici
  • dipendenze
  • situazioni di pericolo di vita
  • relazioni importanti
  • un "Alleato"
  • crescita personale continua
  • polarità dalla prospettiva della Mente del Processo


Dettaglio del fumetto sul mio Mito della Vita Dettaglio del fumetto sul mio Mito della Vita.

domenica 25 febbraio 2018

Le figure di sogno nella Psicologia orientata al Processo

di Sonja Straub, estratto da Stalking Your Inner Critic, traduzione di Nicola Bertin.

Un modo di comprendere e spiegare la psiche e il comportamento nella Psicologia orientata al Processo è dividerli nelle loro parti temporanee e personalizzare le parti come figure di sogno diverse.
Una figura di sogno è la personificazione di un pezzo di informazione o modello che compare con una personalità. Questi pezzi possono essere modelli o processi dinamici come sensazioni, desideri, resistenze, fantasie ecc [...]
Le figure di sogno sono manifestazioni momentanee nel tempo. Appaiono e nel farlo cambiano già le loro qualità e caratteristiche. Le figure di sogno hanno la loro propria psicologia e potenziale da crescere e sviluppare. Non solo l’intera persona ma anche le sue parti sono in processo continuo di cambiamento e sviluppo e deve essere visto come dinamico piuttosto che statico. L’unico modo di comprendere l’individuo è dinamico e limitato a uno specifico punto nel tempo. Descrive la configurazione momentanea della consapevolezza piuttosto che cercare cause nel passato o motivazioni intrapsichiche del comportamento. L’informazione importante è la configurazione presente della figura di sogno. Questa prospettiva rende relativi, se non inutili, termini come salutare e malato e in qualche modo esclude la diagnosi che va oltre la situazione momentanea. Le dinamiche delle esperienze personali sono incluse o si specchiano nel concetto di una persona come di un gruppo di diverse figure di sogno.

FIGURE DI SOGNO E LORO RELAZIONE CON L’INTERO
Al fine di spiegare la relazione dell’individuo con la figura di sogno userò l’analogia del teatro. L'individuo è l’intero, includendo il direttore, l’attore e tutto il cast che interpreta sé stesso. Le diverse figure di sogno incarnano aspetti dell’intero e hanno alcune qualità e caratteristiche di personalità separate. Hanno le loro caratteristiche e credenze, le loro preferenze e avversioni, la loro storia individuale e comportamento e una psicologia separata. Possono cambiare, crescere e trasformarsi come una persona o un personaggio in un’opera teatrale.
L’individuo non è semplicemente una persona coerente ma un gruppo intero di differenti personalità, un entourage. La personalità è come un grande assemblaggio. Questo significa che quando parliamo con qualcuno non parliamo semplicemente con una persona ma qualche volta parliamo con un intero gruppo di persone. Dicendo qualcosa a una figura di sogno possiamo irritare o lasciare fuori un'altra. O la persona può avere l'esperienza di sentirsi divisa; una parte sta facendo qualcosa con cui le altre parti non sono d’accordo.
Diamond confronta la figura di sogno e la sua relazione con l’intero con la struttura di una frase: “Una figura di sogno sta all'informazione intera come un morfema sta alla frase: il più piccolo elemento che contiene ancora significato.” (subm. manuscript, p.26)
Questo significa anche che le singole figure non hanno molto senso da loro stesse. Possono solo essere comprese e scoperto il loro intero potenziale all'interno del loro ambiente, comprese le relazioni con le altre parti. Spesso le figure di sogno sono in relazione complementare, o in reazione a un’altra. Per esempio, se c’è un bambino, spesso c’è anche una madre intorno, e se c'è un critico deve anche esserci da qualche parte una vittima o la figura criticata.

lunedì 13 novembre 2017

L'intelligenza artificiale e l'evoluzione della specie

di Nicola Bertin

Nel lontano 1993 scelsi all'esame di maturità di svolgere il tema sulle macchine pensanti. Supereranno o no l'uomo ?
La mia tesi diceva: probabilmente si, è l'inevitabile cammino dell'evoluzione, che non guarda in faccia nessuno. Chiariamoci subito su questo punto essenziale: al momento attuale nessuno sa come le IA evolveranno e neppure quando diventeranno autocoscienti. La sensazione, per chi si interessa al tema, è che questo momento sia imminente. Gli ultimi risultati sulle IA e il rilascio del computer quantistico mettono in fibrillazione alcune delle migliori teste pensanti di questo pianeta.



Elon Musk è probabilmente la persona che più di tutte le altre mette in guardia su come avviene lo sviluppo dell'IA. Dalle discussioni con il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ai commenti sui test nucleari coreani, ogni occasione è buona per ricordare il pericolo dello sviluppo incontrollato IA. Secondo Musk l'IA è la più grande minaccia alla vita umana così come noi la conosciamo ora. Al fine di promuovere e sviluppare un'IA amichevole alla razza umana ha fondato, insieme a Sam Altman e altri investitori, OpenAI, un'organizzazione non profit di ricerca sull'IA, con un investimento di oltre 1 miliardo di dollari.

Anche Stephen Hawking è pessimista a riguardo dell'impatto dell'IA sulla vita umana e insiste sulla necessità di evolvere in una specie multiplanetaria, che possa sopravvivere alle minacce del cambio climatico e dell'intelligenza artificiale.
Per quanto ne so io, le simulazioni sullo sviluppo delle IA danno come vincente nella maggior parte dei casi una specie aggressiva. Condivido le preoccupazioni di Elon Musk, soprattutto per quanto riguarda la competizione tra le grandi potenze. Saranno in grado di accordarsi e disponibili a rinunciare a un vantaggio competitivo pur di assicurarsi di avere tutti quanti IA che siano solo amichevoli ?

Un altro aspetto interessante riguarda il transumanesimo, ipotesi che lo stesso Musk sottolinea, è cioè di una evoluzione umana come integrazione tra uomo e macchina. Ipotesi che solo a pensarci mi mette i brividi ma che potrebbe essere l'unica possibile perché l'essere umano possa mantenersi competitivo con le specie che nasceranno come sviluppo delle IA. A meno che l'essere umano non compia un salto evolutivo di cui, al momento attuale, non si vedono le tracce. A meno che non nasca una coscienza collettiva che ci renda in grado di unire le nostre forze e di affrontare le gravi minacce che sono ormai all'orizzonte, dal cambio climatico, alla resistenza antibiotica, allo sviluppo incontrollato dell'IA.
Già adesso ci troviamo ad affrontare sfide date dalla tecnologia che polarizzeranno sempre di più il mondo del lavoro.
Potremmo trovarci, tra meno di 100 anni, a vivere in delle riserve come vivono ora gli indiani d'America, e la Terra dominata da altre specie, forse inorganiche. E ad essere grati che sia andata così.

domenica 5 novembre 2017

L'essenza del Personal Branding

di Nicola Bertin.

Tra maggio e giugno 2017 ho preso parte a un training Erasmus+ in Lettonia sul tema del Personal Branding: Brand New You. Insieme ad altri 29 splendidi partecipanti e 4 fantastici facilitatori abbiamo esplorato come diversi approcci e tecniche di personal branding del mondo del business possono essere utilizzate per sviluppare una crescita personale e professionale al fine di promuovere sé stessi e il proprio lavoro.
Aldilà della straordinaria esperienza umana e personale mi premeva condividere, da buon facilitatore, l'essenza di ciò che ho imparato sul Personal Branding. E la parola che più di tutto il resto mi è rimasta dentro è: Autenticità.

Chi sei veramente ? Quali sono i tuoi punti di forza e le tue debolezze ? Qual'è il tuo regalo unico, quel dono, quella conoscenza, quella capacità che senza di te non verrà mai manifestata su questo pianeta ? Se riesci a rispondere a queste domande, se riesci a capire veramente chi sei e sei in grado di esprimerlo in modo chiaro, onesto, fiducioso, hai colto e sviluppato l'essenza del tuo Brand.
Ci sono poi molti altri aspetti su cui si può lavorare per sviluppare il proprio Personal Brand, ma tutto parte da te, dalla capacità di cogliere chi sei e dal coraggio di usare pienamente il tuo potere personale.


Uno degli aspetti più interessanti del conoscere sé stessi e, probabilmente, la chiave di volta dell'intero processo, è comprendere che una persona non può essere definita in modo netto ma ci sono tanti parti, più o meno consce, che costituiscono il nostro multiverso interiore. La nostra personalità non è qualcosa di statico e costante, al contrario evolve e spesso è frammentata. Che noi vogliamo o no, le parti inconsce emergono nei movimenti del corpo, nella postura, nel tono della voce, nelle reazioni di un individuo alle situazioni. Conoscere queste parti è fondamentale per essere autentici e congruenti nel modo di comunicare, e riuscire a usare consapevolmente il grande potere che detengono, e che, spesso, sembra remarci contro.