giovedì 20 settembre 2018

Le 4 fasi del conflitto nell'Arte del Processo

Come cambiano le stagioni, anche un individuo, una coppia, una famiglia, un'organizzazione, attraversano varie fasi. Per un facilitatore, la consapevolezza della fase del conflitto in cui si trova l'individuo o l'organizzazione che intende facilitare è cruciale, perché lo aiuta a valutare dove si trova il suo cliente e gli dà una direzione su come intervenire.

Nel suo libro "Conflict: Phases, Forums, and Solutions" Arnold Mindell descrive quali sono le fasi di un conflitto e quali sono le caratteristiche per poterle riconoscere. Ecco le tipiche fasi:

Fase 1: può essere riassunta con un "Divertiamoci!". In questo periodo ci divertiamo e non prestiamo attenzione ai problemi. La concentrazione su sé stessi è una caratteristica di questa fase. Cerchiamo divertimento o attenzione dagli altri e marginalizziamo emozioni negative o problemi esterni.

Fase 2: è caratterizzata da tensione e conflitto, come un problema che non può essere più marginalizzato. Siamo arrabbiati o spaventati dal problema (X) e cerchiamo di combatterlo o di evitarlo. I tipici passi di un processo di gruppo sono importanti specialmente in questa fase.

Fase 3: è un periodo in cui avviene lo scambio di ruolo. In questa fase la nostra relazione con X (la cosa che ci disturba) cambia. Cominciamo ad aprirci all'altra parte, siamo capaci di immaginare o sentire come l'altro e vediamo l'altro come un aspetto di noi stessi.

Fase 4: in questa fase siamo rilassati e distaccati sia da u (la nostra identità) sia da X (la cosa che ci disturba). Siamo capaci di percepire e seguire come il nostro Sé profondo o la Mente del Processo ci muove. La fase 4 ci dà anche una panoramica distaccata e compassionevole di come tutte le fasi cambiano, inclusa la stessa fase 4! Spesso ci muoviamo a fase 1 dopo essere stati in fase 4.

mercoledì 19 settembre 2018

L'intelligenza artificiale e il Mito della Genesi

Che cosa hanno in comune l'intelligenza artificiale (IA) e il mito della Genesi ?
Qualche giorno fa ha attirato la mia attenzione un articolo che commenta i risultati di uno studio cinese sugli effetti dello sviluppo e dell'utilizzo dell'IA in Cina. Si prevede la perdita di 50 milioni di posti di lavoro nei prossimi 15 anni nell'ipotesi migliore. Secondo lo studio, entro il 2030, l’automazione – innescata da un più pervasivo impiego dell’IA – sostituirà un quinto delle posizioni nell’industria manifatturiera. Quasi 100 milioni di lavoratori saranno costretti a cambiare professione nel caso in cui il processo di conversione alle macchine dovesse procedere a un passo più sostenuto. Le ultime proiezioni sembrano tuttavia andare oltre, arrivando a minacciare anche le mansioni ripetitive dei colletti bianchi: entro il 2027, mentre il settore finanziario cinese impiegherà 9,93 milioni di persone, l'automazione porterà una sforbiciata del 22% dei posti di lavoro in banca, del 25% nel mercato assicurativo e del 16% nel mercato dei capitali. Al contempo, le ore di lavoro per il personale fisico subiranno una riduzione del 27%.

Che ci piaccia o no l'IA sarà qualcosa sempre più presente nelle nostre vite quotidiane che sicuramente cambierà il nostro modo di vivere, lavorare e forse anche quello di pensare. Nell'altro mio articolo commentavo le riflessioni di alcune elementi brillanti della nostra epoca sui rischi dello sviluppo incontrollato delle IA. Rischi che non riguardano solo il tema del lavoro ma anche quello del predominio su questo pianeta.

Da un punto di vista simbolico l'intelligenza artificiale rappresenta il desiderio dell'essere umano di espandere all'infinito il suo potere e la sua conoscenza ovvero il desiderio di diventare come Dio. E qui arrivo al mito della Genesi, dove il serpente suggerisce ad Eva di mangiare il frutto dell'albero del bene e del male e di diventare come Dio.
Sappiamo tutti com'è finita, Dio scopre il misfatto e caccia l'uomo e la donna fuori dal paradiso terrestre. Sempre nella Genesi (Gen. 11, 1-9) troviamo l'episodio della Torre di Babele. Ancora una volta gli esseri umani cercano di arrivare fino a Dio costruendo una torre talmente alta che tocchi il cielo e ancora una volta Dio reagisce, facendo in modo che gli uomini, che prima parlavano una sola stessa lingua, parlassero tante lingue diverse e non potessero più comprendersi e completare la costruzione della Torre.



Lungi da me l'intenzione di dare una interpretazione religiosa di questi miti. I miti ci aiutano a comprendere l'essenza di una data cultura. Sono insegnamenti profondi che hanno a che fare con le sfide fondamentali della nostra vita. In questo caso l'insegnamento è chiaro: ogni volta che l'essere umano supera troppo i propri limiti va incontro ad un disastro. Penso anche ad Icaro le cui ali di cera si sono sciolte con il calore del sole.
Un altro mito che ci viene dalla Bibbia è quello del Popolo Eletto. Nel libro dell'Esodo Dio esprime esplicitamente la sua predilezione per il popolo ebraico. Implicitamente anche nel mito della creazione il fatto che Dio crei l'uomo a sua immagine e somiglianza e metta l'Eden a sua disposizione esprime una evidente predilezione per la razza umana. Questa credenza è patrimonio di molto culture e, alimentata dalle religioni, è stata concausa e giustificazione di molti comportamenti razzisti, nazisti, fascisti, colonialisti, sessisti. Oggi questa credenza ha una influenza, anche, su come vengono trattati gli animali e la natura e sulle aspettative che molti hanno sull'IA. Molte persone danno per scontato che l'essere umano abbia il controllo - per mandato divino - di questo pianeta e di quello che accadrà e che, se in un dato momento prenderà vita una IA autocosciente, questa sarà al puro servizio dell'essere umano.
La realtà è che l'uomo è una specie dominante sulla terra da pochissimo tempo, nella prospettiva delle Terra. I dinosauri l'hanno dominata per milioni di anni e poi sono scomparsi. Forse anche il dominio umano sta per terminare ?

I cambiamenti climatici, i comportamenti razzisti, la distribuzione iniqua della ricchezza, i rischi connessi a uno sviluppo incontrollato dell'IA, non sono scollegati tra loro. Tutti questi problemi hanno a che fare con l'ignorare, consapevolmente o meno, il fatto che facciamo parte di un sistema più grande di noi e che cercare di accumulare risorse senza preoccuparsi delle conseguenze di ciò che facciamo può avere effetti disastrosi. Non è una questione morale, è una questione fisica. Un sistema tende a rimanere in equilibrio e pertanto ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Come spiega bene Otto Scharmer nel suo ultimo libro sulla Teoria U, c'è un disaccoppiamento tra la struttura della Realtà Sociale e la struttura del Pensiero Economico con cui ragioniamo.


La razza umana non è il Popolo Eletto. E' una parte importante di un Sistema più grande in cui o impara ad agire in armonia con il Sistema o il Sistema troverà un nuovo equilibrio.