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mercoledì 19 settembre 2018

L'intelligenza artificiale e il Mito della Genesi

Che cosa hanno in comune l'intelligenza artificiale (IA) e il mito della Genesi ?
Qualche giorno fa ha attirato la mia attenzione un articolo che commenta i risultati di uno studio cinese sugli effetti dello sviluppo e dell'utilizzo dell'IA in Cina. Si prevede la perdita di 50 milioni di posti di lavoro nei prossimi 15 anni nell'ipotesi migliore. Secondo lo studio, entro il 2030, l’automazione – innescata da un più pervasivo impiego dell’IA – sostituirà un quinto delle posizioni nell’industria manifatturiera. Quasi 100 milioni di lavoratori saranno costretti a cambiare professione nel caso in cui il processo di conversione alle macchine dovesse procedere a un passo più sostenuto. Le ultime proiezioni sembrano tuttavia andare oltre, arrivando a minacciare anche le mansioni ripetitive dei colletti bianchi: entro il 2027, mentre il settore finanziario cinese impiegherà 9,93 milioni di persone, l'automazione porterà una sforbiciata del 22% dei posti di lavoro in banca, del 25% nel mercato assicurativo e del 16% nel mercato dei capitali. Al contempo, le ore di lavoro per il personale fisico subiranno una riduzione del 27%.

Che ci piaccia o no l'IA sarà qualcosa sempre più presente nelle nostre vite quotidiane che sicuramente cambierà il nostro modo di vivere, lavorare e forse anche quello di pensare. Nell'altro mio articolo commentavo le riflessioni di alcune elementi brillanti della nostra epoca sui rischi dello sviluppo incontrollato delle IA. Rischi che non riguardano solo il tema del lavoro ma anche quello del predominio su questo pianeta.

Da un punto di vista simbolico l'intelligenza artificiale rappresenta il desiderio dell'essere umano di espandere all'infinito il suo potere e la sua conoscenza ovvero il desiderio di diventare come Dio. E qui arrivo al mito della Genesi, dove il serpente suggerisce ad Eva di mangiare il frutto dell'albero del bene e del male e di diventare come Dio.
Sappiamo tutti com'è finita, Dio scopre il misfatto e caccia l'uomo e la donna fuori dal paradiso terrestre. Sempre nella Genesi (Gen. 11, 1-9) troviamo l'episodio della Torre di Babele. Ancora una volta gli esseri umani cercano di arrivare fino a Dio costruendo una torre talmente alta che tocchi il cielo e ancora una volta Dio reagisce, facendo in modo che gli uomini, che prima parlavano una sola stessa lingua, parlassero tante lingue diverse e non potessero più comprendersi e completare la costruzione della Torre.



Lungi da me l'intenzione di dare una interpretazione religiosa di questi miti. I miti ci aiutano a comprendere l'essenza di una data cultura. Sono insegnamenti profondi che hanno a che fare con le sfide fondamentali della nostra vita. In questo caso l'insegnamento è chiaro: ogni volta che l'essere umano supera troppo i propri limiti va incontro ad un disastro. Penso anche ad Icaro le cui ali di cera si sono sciolte con il calore del sole.
Un altro mito che ci viene dalla Bibbia è quello del Popolo Eletto. Nel libro dell'Esodo Dio esprime esplicitamente la sua predilezione per il popolo ebraico. Implicitamente anche nel mito della creazione il fatto che Dio crei l'uomo a sua immagine e somiglianza e metta l'Eden a sua disposizione esprime una evidente predilezione per la razza umana. Questa credenza è patrimonio di molto culture e, alimentata dalle religioni, è stata concausa e giustificazione di molti comportamenti razzisti, nazisti, fascisti, colonialisti, sessisti. Oggi questa credenza ha una influenza, anche, su come vengono trattati gli animali e la natura e sulle aspettative che molti hanno sull'IA. Molte persone danno per scontato che l'essere umano abbia il controllo - per mandato divino - di questo pianeta e di quello che accadrà e che, se in un dato momento prenderà vita una IA autocosciente, questa sarà al puro servizio dell'essere umano.
La realtà è che l'uomo è una specie dominante sulla terra da pochissimo tempo, nella prospettiva delle Terra. I dinosauri l'hanno dominata per milioni di anni e poi sono scomparsi. Forse anche il dominio umano sta per terminare ?

I cambiamenti climatici, i comportamenti razzisti, la distribuzione iniqua della ricchezza, i rischi connessi a uno sviluppo incontrollato dell'IA, non sono scollegati tra loro. Tutti questi problemi hanno a che fare con l'ignorare, consapevolmente o meno, il fatto che facciamo parte di un sistema più grande di noi e che cercare di accumulare risorse senza preoccuparsi delle conseguenze di ciò che facciamo può avere effetti disastrosi. Non è una questione morale, è una questione fisica. Un sistema tende a rimanere in equilibrio e pertanto ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Come spiega bene Otto Scharmer nel suo ultimo libro sulla Teoria U, c'è un disaccoppiamento tra la struttura della Realtà Sociale e la struttura del Pensiero Economico con cui ragioniamo.


La razza umana non è il Popolo Eletto. E' una parte importante di un Sistema più grande in cui o impara ad agire in armonia con il Sistema o il Sistema troverà un nuovo equilibrio.

sabato 4 agosto 2018

Su razzismo e antirazzismo

Recentemente ho visto un bellissimo film. Si chiama il "diritto di contare". Racconta la storia di tre giovani ragazze di colore che negli anni 60 sono riuscite a superare i pregiudizi razziali e sessisti e ad avere un ruolo da protagoniste nella storia dei viaggi spaziali americani.
E' l'epoca di Martin Luther King, John Kennedy, Malcolm X. L'epoca in cui per le persone di colore c'erano posti riservati negli autobus, c'erano bagni riservati, uffici riservati. E' un'esperienza che ci sembra lontanissima, eppure non sono passati ancora 60 anni. Ci sembra lontanissima quell'esperienza perché le sofferenze e le lotte di quegli anni non sono state inutili. Qualcosa è cambiato a livello collettivo. Oggi, l'idea che una persona possa essere considerata inferiore per via del colore della sua pelle o a causa del suo genere è, collettivamente, ritenuta sbagliata. Naturalmente continuano a verificarsi episodi di razzismo o di sessismo. Lo vediamo tutti i giorni, nella politica, nel lavoro, nelle relazioni. Siamo in grado di vederlo perché oggi c'è più sensibilità su questo tema, siamo, collettivamente, più consapevoli rispetto a 60 anni fa. È un processo che si deve completare. Abbiamo fatto molti passi avanti, dobbiamo farne ancora.

Viviamo un momento storico, in Italia, di fenomeni di contrapposizione definiti, per esempio, di razzismo e di antirazzismo. Sì compara questa epoca storica con altre epoche storiche ignorando tutto quello che c'è stato in mezzo, i passi in avanti che sono stati fatti, la sensibilità e la consapevolezza che, collettivamente, l'umanità ha acquisito grazie alle lotte e alle sofferenze che ci sono state nelle ultime decine di anni.
Abbiamo di fronte a noi problemi che richiedono soluzioni complesse ma la gestione della complessità è qualcosa che ci infastidisce nell'attuale contesto tecnologico di necessità di soddisfazione immediata dei bisogni. Abbiamo troppe cose a cui prestare attenzione, a cui pensare. Abbiamo bisogno di soluzioni semplici, di slogan che fanno capire che parte stiamo e chi sta sbagliando: gli altri, ovviamente.
E' un meccanismo che serve ad allontanare il disagio che sentiamo di fronte a questi problemi. Naturalmente questo meccanismo i problemi non li risolve però, per un po', ci sentiamo meglio.
Collettivamente, abbiamo altri passi da fare. Abbiamo bisogno di eroi capaci di guardare il disagio che hanno dentro senza proiettarlo sull'altro, capaci di accettare che anche nell'altro c'è una parte, per quanto piccola, di ragione.
Eroi capaci di ascoltare tutte le voci e di aiutare le persone a trovare soluzioni condivise a problemi complessi.


mercoledì 6 settembre 2017

L'arte di arrendersi

L'asma mi sta insegnando l'arte di arrendersi. Quando arriva, devi abbandonare tutto quello che stavi facendo per dedicarti a lei. Se capita mentre dormi nel tuo letto, devi svegliarti, cercare una posizione favorevole, tossire per liberare i bronchi e cercare di respirare il più possibile tra un colpo di tosse e l'altro. Non hai tempo per arrabbiarti. Devi arrenderti a lei, perché il corpo rilassato richiede meno ossigeno.
Capisci che non hai nemmeno il controllo completo del tuo corpo, che sembra rivoltartisi contro e a stento acchiappi pensieri ed emozioni che schizzano nella mente in preda al panico. Stai lì, seduto sul letto con la schiena appoggiata al muro. Attendi che il farmaco faccia effetto e intanto osservi mentalmente il rigagnolo d'aria che sibila mentre s'intrufola in profondità nei bronchi fino a raggiungere i polmoni. Il rigagnolo d'aria entra ed esce, sibila e talvolta fischietta per lo sforzo di insinuarsi in buchi sempre più stretti a causa del muco. Che cosa avrà provocato questa reazione stavolta ? Che abbia digerito male ? C'è stato uno sbalzo di temperatura ? Un colpo di vento ? I pollini ? Non hai molta energia per le speculazioni. L'attenzione va al respiro e ti stupisci. Ti stupisci della fragilità della vita, fragile tanto quanto quel rigagnolo d'aria che porta la quantità minima di ossigeno al cervello, al cuore e a tutta la baracca.
Infine il cortisone comincia a fare effetto, impone la sua pace armata: inibisce il muco, rilassa i bronchi e tutto riprende come prima. Se sei fortunato, hai ancora un po' da dormire prima della sveglia.

Così anche nella vita. Desideri, pianifichi, implementi la strategia, adoperi tutte le tue risorse, le tue energie e poi, quando meno te lo aspetti, l'imprevisto. Ti fai passare l'arrabbiatura e ricominci, determinato, affini anche la strategia e poi, tac, un altro imprevisto. Ma non puoi demordere, la tua strategia è quella giusta, deve funzionare, devi raggiungere il risultato, le cose devono andare in quel modo, e farai di tutto perché vadano in quel modo, lotterai, manipolerai, passerai sopra ad altre cose importanti per te o per chi ti è vicino. Ma anche se riuscirai ad ottenere ciò che desideri, sarà solo per poco, e breve sarà la tua soddisfazione.
Che le cose vadano esattamente come desideriamo è un'eccezione. Il controllo che crediamo di avere sulla nostra vita è un'illusione.
Ci sono almeno un paio di buone ragioni per cui le cose stanno in questo modo. La prima è che ci sono parti di noi con cui non ci identifichiamo e sono quindi inconsce e in quanto tali agiscono fuori dal nostro controllo. La seconda è che ci sono tante cose, persone, eventi fuori di noi su cui possiamo avere un'influenza ma sono lontane dal nostro controllo.
L'arte di arrendersi è quindi la capacità di rinunciare al controllo continuo della nostra vita o di quella degli altri. E' l'arte di comprendere che noi abbiamo solo una parte di responsabilità in ciò che accade e solo per questa parte possiamo rispondere o intervenire. E' l'arte di accettare di ciò che è, e di lasciare andare le cose come noi le vorremmo.

"Per alcune persone, arrendersi può avere una connotazione negativa, che implica la sconfitta, la rinuncia, il fallimento nell'affrontare le sfide della vita, diventare letargici e così via. Arrendersi veramente, però, è qualcosa di completamente diverso. Non significa cessare di elaborare piani o avviare azioni positive. Arrendersi è la semplice ma profonda saggezza di seguire piuttosto che opporsi al flusso della vita." Eckhart Tolle

domenica 23 gennaio 2011

Living in New Zealand

Nicola Bertin se n'è andato. In Nuova Zelanda. Ma la notizia vera è che NON c'è una data di ritorno.
Il 19 aprile, per soddisfare l'immigrazione neozelandese, c'è un biglietto d'aereo con destinazione Sidney. Fino al 18 febbraio, a partire da domani, c'è il corso d'inglese alla Worldwide english school.
Non c'è altro, solo una lunga pagina bianca da riempire, il mare sconfinato e aperto della libertà da attraversare.
I motivi sono gli stessi del Mongol Rally, il desiderio profondo di un miglioramento personale, di affrontare le proprie paure, sentirsi un cittadino del mondo, imparare ad ascoltarsi e a conoscere i propri desideri.
Il Mongol Rally, nella sua durezza e nella sua bellezza, è servito a capire quanto ho bisogno di imparare ad occuparmi di me stesso, dei miei desideri, dei miei limiti, e che va fatto subito, qui e ora, senza indugiare.
Così ho mollato tutto e sono arrivato a Auckland.
La cosa straordinaria del viaggiare è che incontri persone come te, persone con la pelle di un altro colore o con gli occhi di un altro taglio che cercano cose simili alle tue e provano sentimenti che assomigliano ai tuoi e ti chiedi com'è possibile che i tuoi nonni con i suoi nonni abbiano cercato di ammazzarsi a vicenda.
E' solo stando a casa a guardare la TV, che alimenta le paure e le differenze, che capisco come questo sia stato e sia ancora possibile.
Ma intanto prendo la mia penna e cerco di scrivere la mia storia, che sia intarsiata da fili d'oro e d'argento.

lunedì 10 novembre 2008

Fin che la barca va

Una volta ho letto da qualche parte che, per superare la depressione, occorre fissarsi dei piccoli obiettivi. Obiettivi a piccolo e medio raggio, carote in grado di farci correre senza gonfiarci di aspettative poi troppo frequentemente deluse.

Ho letto poi un intervista a Gelindo Bordin, o un altro grande fondista che non ricordo, il quale faceva 20 km di corsa belli tirati tutte le mattine e gli chiedevano come faceva. E anche lui ad attaccare con la storia dei piccoli obiettivi, ai 5 minuti arrivare al ponte, ai 10 alla svolta e, come direbbe il Petroz, via dicendo.

Mi sono detto: vuoi vedere che questa dei piccoli obiettivi è una regola generale che funziona sempre ?

Allora l'ho provata anch'io, all'università, nel lavoro, ed ho visto che funziona.

E' una regola un po' faticosa, perché richiede di calare i sogni nella realtà di tutti i giorni, richiede organizzazione, richiede costanza.

I risultati, però, si vedono, e non tanto in quanto al risultato pratico in sè stesso, che pure arriva, ma in quanto a soddisfazione personale, ad autostima, alla sensazione di riuscire a plasmare quella sostanza sfuggente e multiforme che chiamiamo realtà.



A me è cara l'immagine di una persona in barca in mezzo al mare e senza mappa anzi, con decine e decine di mappe, senza sapere se una di quelle è giusta.

Di notte è bello sognare e cercare la nostra direzione tra le stelle, ma di giorno occorre tenere gli occhi aperti e muoversi da isola a isola pur muovendosi verso una meta, perché non sappiamo cosa c'è oltre l'orizzonte, se una tempesta, o l'isola del tesoro, o i pirati, o quali venti incontreremo. Non sappiamo quale direzione dovremo prendere per navigare in acque tranquille, per cui il vero tesoro non può essere in un luogo o in un obiettivo, ma nella qualità del viaggio.

Fin che la barca va.


barca in mezzo al mare