Visualizzazione post con etichetta Psicologia orientata al Processo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Psicologia orientata al Processo. Mostra tutti i post

giovedì 15 novembre 2018

Quattro chiacchiere sul (l'Arte del) Processo

Il ProcessWork o Arte del Processo è un approccio multiculturale, multilivello, basato sui canali sensoriali (cinestetico, uditivo, visivo, propriocettivo, la relazione e il mondo), che ha come obiettivo la consapevolezza e supporta gli individui e le organizzazioni; ma, esattamente, che cosa intendiamo quando parliamo di processo ?



Nella Psicologia Orientata al Processo il Processo è definito come il costante flusso di informazioni. È qualsiasi cosa che sta accadendo nel momento presente di cui siamo in grado di riconoscere il contesto.
Facciamo qualche esempio: può essere qualcosa di molto veloce come un flirt, l'attrazione improvvisa per una persona, un particolare che ci attrae, un oggetto che attira la nostra attenzione, un'intuizione improvvisa, un sogno notturno.
Considerando un arco di tempo più lungo, un processo potrebbe essere la relazione con un collega di lavoro, il mio percorso professionale, una dinamica familiare, la storia di un'associazione. Ci sono processi a breve termine e processi a lungo termine, alcuni lunghi una vita intera, come la storia di una persona, altri ancora più lunghi, come il razzismo, la relazione tra uomo e donna e la relazione tra esseri umani e l'ambiente.
I processi a breve termine si inseriscono all'interno dei processi a lungo termine. Per esempio la relazione tra me e la mia compagna si inserisce nel processo più grande della relazione tra uomini e donne. Non si può lavorare a fondo sul primo senza aver preso in considerazione anche l'altro.
Le domande che ci si pone possono essere: Cosa sta cercando di emergere in questo momento ? Cosa stiamo scoprendo ? Quali sono le dinamiche in gioco ?

Il Mito della Vita è uno strumento che permette di lavorare sul processo della vita di un individuo. Eventi come il Worldwork permettono di lavorare su problemi e processi globali a lungo o lunghissimo termine. Sono pertanto strumenti molto importanti perché cambiamenti sui processi a lungo termine hanno un impatto imprevedibilmente significativo sulla nostra vita e quella della comunità in cui viviamo.

Il Processwork è ricco di concetti che ci aiutano a comprendere e a navigare nei gruppi come anche nella nostra vita personale. Uno di questi concetti fondamentali è la distinzione tra Processo Primario e Secondario.



Usando la metafora dell'iceberg per spiegare questa distinzione, potrei dire che il Processo Primario è la parte dell'iceberg che vedo e quindi conosco di più, la parte che legittimo, che accetto e con quale riesco a identificarmi.
Vedo la parte emersa dei ghiaccio e il sistema associativo della mia mente mi permetti di riconoscervi un iceberg; ma cosa so della parte nascosta dalla superficie dell'acqua ?
Tutto quello di cui conosciamo poco o nulla, che ci sfida, ci spaventa o ci disturba, e comunque non accettiamo, è la parte Secondaria di un Processo. Questa parte, poco visibile ma presente, ha una forte influenza su ciò che accade, creando ostacoli e conflitti che non si riesce a superare fino a che non si è disposti ad immergersi e a conoscere l'altra parte.
A livello di società potremmo dire, per esempio, che i valori e il punto di vista dell'uomo bianco sono primari, mentre i valori e i punti di vista delle donne, degli indigeni e delle minoranze, sono secondari. A livello individuale - in generale - essere puliti e ben organizzati è primario, essere pigri e confusi è secondario.
La tendenza naturale è di assecondare il Processo Primario e di marginalizzare quello Secondario che, proprio per questo, tende a sfidarci o disturbarci. Un obiettivo chiave del Processwork è quello di aiutare gli individui e i gruppi ad essere più consapevoli dei loro Processi Secondari.



Ogni processo attraversa quattro fasi alla fine delle quali una nuova consapevolezza che permette il processo di evolvere a un nuovo livello di coscienza, come ho raccontato in questo post.



Per esempio posso essere molto infastidito da un certo comportamento di un mio collega di lavoro. Se supero la fase conflittuale e riesco, con sincera curiosità ed empatia, a esplorare e comprendere cosa mi infastidisce dall'altra parte, otterrò una nuova consapevolezza. A quel punto potrei continuare a essere infastidito da quel comportamento oppure no ma, certamente, la relazione con quella persona non sarà più la stessa. In qualche modo evolverà e il Processo ricomincerà dalla fase 1, a un livello più alto di consapevolezza. Pertanto forse l'immagine di una spirale che attraversa circolarmente le varie fasi e poi sale a un livello più alto è più adatta a rappresentare questo processo.


La strategia di fondo del ProcessWork è quindi quella di esplorare ciò che percepiamo come altro da noi (secondario) per poi integrarlo con la parte con cui ci identifichiamo (primaria), ottenendo una consapevolezza più ampia e profonda di ciò che sta accadendo (il processo). Si presta pertanto ad essere utilizzato negli ambiti più diversi e in particolare nella Trasformazione dei Conflitti.

giovedì 20 settembre 2018

Le 4 fasi del conflitto nell'Arte del Processo

Come cambiano le stagioni, anche un individuo, una coppia, una famiglia, un'organizzazione, attraversano varie fasi. Per un facilitatore, la consapevolezza della fase del conflitto in cui si trova l'individuo o l'organizzazione che intende facilitare è cruciale, perché lo aiuta a valutare dove si trova il suo cliente e gli dà una direzione su come intervenire.

Nel suo libro "Conflict: Phases, Forums, and Solutions" Arnold Mindell descrive quali sono le fasi di un conflitto e quali sono le caratteristiche per poterle riconoscere. Ecco le tipiche fasi:

Fase 1: può essere riassunta con un "Divertiamoci!". In questo periodo ci divertiamo e non prestiamo attenzione ai problemi. La concentrazione su sé stessi è una caratteristica di questa fase. Cerchiamo divertimento o attenzione dagli altri e marginalizziamo emozioni negative o problemi esterni.

Fase 2: è caratterizzata da tensione e conflitto, come un problema che non può essere più marginalizzato. Siamo arrabbiati o spaventati dal problema (X) e cerchiamo di combatterlo o di evitarlo. I tipici passi di un processo di gruppo sono importanti specialmente in questa fase.

Fase 3: è un periodo in cui avviene lo scambio di ruolo. In questa fase la nostra relazione con X (la cosa che ci disturba) cambia. Cominciamo ad aprirci all'altra parte, siamo capaci di immaginare o sentire come l'altro e vediamo l'altro come un aspetto di noi stessi.

Fase 4: in questa fase siamo rilassati e distaccati sia da u (la nostra identità) sia da X (la cosa che ci disturba). Siamo capaci di percepire e seguire come il nostro Sé profondo o la Mente del Processo ci muove. La fase 4 ci dà anche una panoramica distaccata e compassionevole di come tutte le fasi cambiano, inclusa la stessa fase 4! Spesso ci muoviamo a fase 1 dopo essere stati in fase 4.

lunedì 2 luglio 2018

Il Mito della Vita nell'Arte del Processo

Il Mito della Vita è usato nell'Arte del Processo per dare una struttura che permetta di capire chi siamo e chi stiamo cercando di diventare.
Come leader nelle organizzazioni una maggiore consapevolezza del nostro scopo più profondo può aiutarci a capire il significato che si nasconde dietro le sfide che stiamo vivendo.

Il termine Mito della Vita è stato coniato da Jung per descrivere tutte le varie tendenze e influenze a lungo termine che insieme intrecciano la trama unica della vita di ogni individuo. Alcune di queste tendenze appartengono alla natura innata della persona mentre altre sono legate ai contesti culturali e familiari, al background storico e alle esperienze personali. È ciò che ti rende unico e diverso da ogni altra persona. In questo modo ognuno di noi ha le proprie sfide e i propri talenti. Ognuno di noi incontrerà le sfide della vita nel nostro modo unico.
Questa idea di avere un principio di organizzazione di fondo appare anche nella cultura "aborigena", dove la persona viene a volte indicata come una canzone dei sogni. "La vita è un tempo in cui la persona può cantare la sua canzone e vivere il suo sogno. L'espressione di quella canzone dà un senso alla propria vita e alla propria comunità." Mudroororoo (1994, p.64)

Jung notò nel suo lavoro che c'è una tendenza nella vita di ogni persona a rivisitare certi archetipi / figure nelle nostre vite e nei nostri sogni. Un modo per scoprire il nostro mito della vita è concentrarsi sui nostri primi sogni o ricordi d'infanzia. Ci sono alcune tendenze e modelli che si ripetono continuamente. Ed è ancora attraverso i nostri ripetuti incontri con questi modelli che possiamo crescere, svilupparci e connetterci con il nostro potenziale creativo.

Quindi il concetto del mito della vita è che c'è un progetto di base o un processo di sogno che modella le nostre vite. In un certo senso ci sono strutture che sono fatti immutabili, per esempio, dove siamo nati, cosa ci è successo nei primi anni della nostra vita, certi tratti innati della personalità, ecc.; ma pensare a questi come puramente deterministici è troppo limitante. Siamo esseri sognanti, fantasiosi e creativi in ​​grado di prendere in mano il nostro destino e usarlo come una tela su cui dipingere un quadro meraviglioso. Attraverso l'impegno attivo con il modello nella nostra vita diventano poteri che possiamo imparare a usare in modo creativo. Baker ed Edmunds (2009)

Questa è l'idea del mito della vita. Se diventiamo consapevoli delle influenze chiave e delle difficoltà che emergono continuamente nelle nostre vite, possiamo sfruttare consapevolmente quei poteri per la nostra crescita e lo sviluppo piuttosto che sentirci in balia di loro. L'Arte del Processo ha una quantità di metodi e tecniche per scoprire e dispiegare il suo significato e scopo. Come leader è utile per noi sapere quali sono i nostri modelli di base, qual è il nostro sogno più profondo e dove diventa evidente nella vita professionale. [*]

[*] Traduzione italiana di "Spirituality, leadership and management, seventh national conference proceedings: leadership for the merging world / Glenn Martin, Claire Jankelson, editors, p.122"



I miti presentano storie di dei, eroi leggendari, esseri con qualità o poteri speciali. Alcuni di essi raccontano la storia della creazione del mondo e dell'essere umano. Raccontano la storia dall'inizio dei tempi. Non abbiamo miti che stanno guidando la nostra vita ora. Nel suo saggio, Miti per Vivere, Joseph Campbell analizza e spiega l'origine e la funzione che miti e leggende hanno e hanno avuto presso i diversi popoli. Essi ci mostrano modalità di trattare con le differenti fasi ed aspetti dei nostri conflitti interiori ed esteriori, incluse le sfide fondamentali della vita. Il mito ha a che fare con l'energia base della nostra vita. Pensando alla vita come un viaggio mitologico è più facile comprenderne il significato. Come mi giudico da un punto di vista "mitico" ? I miti sono collegati a una data cultura, servono come radici o base per lo sviluppo culturale e ci aiutano a toccare l'essenza della vita.
Le fiabe sono meno locali in termini di cultura. Possiamo trovare gli stessi temi in tutto il mondo. L'analista Junghiana Marie Luise Von Franz, specializzata nell'interpretazione di fiabe scrive che le fiabe trattano di una sola cosa: il viaggio verso il Sé.

Il Mito della Vita si riferisce ad esperienze psicologiche di base che affronteremo nel corso della vita. E' un modello "compresso" che comprende alcune energie o qualità di base che siamo tenuti a sperimentare, esprimere o trasformare. Un modo per esplorare il Mito della Vita è lavorare con il primo sogno o memoria o fantasia di bambino. Un altro modo sono i sintomi cronici. I sintomi non sono solo individuali, non ne siamo responsabili, non siamo colpevoli. Il corpo ci parla, molti sintomi e limiti appartengono alla cultura.

Anche le dipendenze possono darci informazioni sul Mito della Vita. Alcune sono orribili ma la nostra psiche non è stupida. Con la dipendenza stiamo cercando un certo stato di coscienza, ci arriviamo quasi ma non esattamente. Non riusciamo a utilizzare questo stato e ci proviamo, perché ci eravamo quasi.

Ripetute difficoltà nelle relazioni. Le persone che incontriamo portano con sé l'energia che non sappiamo come utilizzare. Se, per esempio, le persone non rispettano i miei limiti, può essere parte del mito della vita.

Un elemento importante in questo contesto è il concetto di Alleato.
L'alleato è qualcosa che è al tuo fianco e ti aiuta. Nelle favole, quando il protagonista sembra stia per soccombere, qualcosa appare e cambia le sorti dell'eroe. Qual è il tuo alleato nei momenti in cui tutto sembra andare male?
Nella tradizione sciamanica, così come ci viene raccontata da Carlos Castaneda, l'alleato è invece qualcosa di molto diverso, di molto pericoloso. È un potere che aspetta e minaccia il guerriero nel posto dove si sta da soli, nel momento di difficoltà. Attraverso il confronto con questo potere, il guerriero acquisisce parte di questo potere e, a quel punto, diventa il suo più grande alleato. Possiamo trovare questo potere nei momenti più difficili della vita.
Attenzione a dire che tutto ciò che ci accade è buono, ed è importante dire no a questi eventi, dal punto di vista etico, sociale. Quando sono pronto ad affrontare esperienze traumatiche, allora posso affrontarle ed apprendere. È una scelta decidere che un evento può essere un alleato oppure no. Un evento può avere entrambi i lati, il lato terribile ma anche essere un alleato.

Nell'Arte del Processo scopriamo il Mito della Vita lavorando su:

  • sogni dell'infanzia
  • primissimi ricordi
  • sintomi cronici
  • dipendenze
  • situazioni di pericolo di vita
  • relazioni importanti
  • un "Alleato"
  • crescita personale continua
  • polarità dalla prospettiva della Mente del Processo


Dettaglio del fumetto sul mio Mito della Vita Dettaglio del fumetto sul mio Mito della Vita.

domenica 25 febbraio 2018

Le figure di sogno nella Psicologia orientata al Processo

di Sonja Straub, estratto da Stalking Your Inner Critic, traduzione di Nicola Bertin.

Un modo di comprendere e spiegare la psiche e il comportamento nella Psicologia orientata al Processo è dividerli nelle loro parti temporanee e personalizzare le parti come figure di sogno diverse.
Una figura di sogno è la personificazione di un pezzo di informazione o modello che compare con una personalità. Questi pezzi possono essere modelli o processi dinamici come sensazioni, desideri, resistenze, fantasie ecc [...]
Le figure di sogno sono manifestazioni momentanee nel tempo. Appaiono e nel farlo cambiano già le loro qualità e caratteristiche. Le figure di sogno hanno la loro propria psicologia e potenziale da crescere e sviluppare. Non solo l’intera persona ma anche le sue parti sono in processo continuo di cambiamento e sviluppo e deve essere visto come dinamico piuttosto che statico. L’unico modo di comprendere l’individuo è dinamico e limitato a uno specifico punto nel tempo. Descrive la configurazione momentanea della consapevolezza piuttosto che cercare cause nel passato o motivazioni intrapsichiche del comportamento. L’informazione importante è la configurazione presente della figura di sogno. Questa prospettiva rende relativi, se non inutili, termini come salutare e malato e in qualche modo esclude la diagnosi che va oltre la situazione momentanea. Le dinamiche delle esperienze personali sono incluse o si specchiano nel concetto di una persona come di un gruppo di diverse figure di sogno.

FIGURE DI SOGNO E LORO RELAZIONE CON L’INTERO
Al fine di spiegare la relazione dell’individuo con la figura di sogno userò l’analogia del teatro. L'individuo è l’intero, includendo il direttore, l’attore e tutto il cast che interpreta sé stesso. Le diverse figure di sogno incarnano aspetti dell’intero e hanno alcune qualità e caratteristiche di personalità separate. Hanno le loro caratteristiche e credenze, le loro preferenze e avversioni, la loro storia individuale e comportamento e una psicologia separata. Possono cambiare, crescere e trasformarsi come una persona o un personaggio in un’opera teatrale.
L’individuo non è semplicemente una persona coerente ma un gruppo intero di differenti personalità, un entourage. La personalità è come un grande assemblaggio. Questo significa che quando parliamo con qualcuno non parliamo semplicemente con una persona ma qualche volta parliamo con un intero gruppo di persone. Dicendo qualcosa a una figura di sogno possiamo irritare o lasciare fuori un'altra. O la persona può avere l'esperienza di sentirsi divisa; una parte sta facendo qualcosa con cui le altre parti non sono d’accordo.
Diamond confronta la figura di sogno e la sua relazione con l’intero con la struttura di una frase: “Una figura di sogno sta all'informazione intera come un morfema sta alla frase: il più piccolo elemento che contiene ancora significato.” (subm. manuscript, p.26)
Questo significa anche che le singole figure non hanno molto senso da loro stesse. Possono solo essere comprese e scoperto il loro intero potenziale all'interno del loro ambiente, comprese le relazioni con le altre parti. Spesso le figure di sogno sono in relazione complementare, o in reazione a un’altra. Per esempio, se c’è un bambino, spesso c’è anche una madre intorno, e se c'è un critico deve anche esserci da qualche parte una vittima o la figura criticata.

lunedì 18 settembre 2017

Il multiverso interiore

di Nicola Bertin.

Forse qualche volta ti è capitato un momento di stress emotivo, di rabbia, tristezza o entusiasmo, gioia, e hai avuto un comportamento o una reazione diversa da quelle abituali, che hanno sorpreso te stesso o le persone che ti conoscono e ti hanno fatto dire "quello non ero io".

Magari hai sperimentato pratiche di meditazione in cui si cercava di osservare i propri pensieri. Se c'è quindi una parte di me che osserva e una parte di me che pensa e viene osservata, allora chi sono io ?

Se ti sei interessato di Psicologia o di Sviluppo Personale hai forse sentito parlare del bambino o della bambina interiore, secondo il modello dell'analisi transazionale. Secondo questo modello la personalità di ciascuno è composta da tre differenti strutture che generano tre diverse modalità coerenti di sentire, pensare e fare, l'Adulto, il Genitore e il Bambino.
Con la teoria di Ego, SuperEgo ed Es di Freud o degli archetipi di Jung, sono altri modi per esprimere l'idea che la personalità di un individuo è composta da parti diverse, a volte anche molto diverse tra loro.

Nella Psicologia orientata al Processo queste parti vengono chiamate figure di sogno. Una figura di sogno è la personificazione di un pezzo di informazione o modello che compare con una personalità. Questi pezzi possono essere modelli o processi dinamici come sensazioni, desideri, resistenze, fantasie ecc..
Funzionano un po' come le app di uno smartphone: rimangono apparentemente "dormienti" dentro di noi finché un evento le "attiva" e possono arrivare a prendere temporaneamente il sopravvento sulla nostra personalità principale.
C'è infatti una parte di noi con cui ci identifichiamo, che ci piace abbastanza o che comunque riteniamo debba essere il modo in cui ci dobbiamo relazionare con il mondo. E' la parte "attiva" per la maggior parte del tempo, di cui siamo consapevoli e che è considerata "accettabile" dal nostro sistema di credenze.
Man mano che ci allontaniamo dal raggio della nostra consapevolezza troviamo altre parti di noi, figure di sogno che più sono lontane dal nostro sistema di credenze, più ne ignoriamo la l'esistenza. Queste figure di sogno secondarie si esprimono in modo inconscio attraverso canali come sensazioni corporee, movimenti, sogni, ecc.
Alcune figure di sogno sono "speciali". Una di queste, chiamata meta-posizione, è quella parte che permette l'auto-osservazione (come accade nella meditazione) e che connette tutte le altre ed è capace di estendere la consapevolezza dell'individuo.
Un'altra figura di sogno speciale è il critico interiore, fortemente collegata al nostro sistema di credenze. Supporta le parti di noi con cui ci identifichiamo ed è spaventata da quelle con cui non ci identifichiamo. Il critico interiore non emerge mai da solo: dove c'è un critico in azione, c'è anche una figura di sogno che viene criticata, e soffre, e secondo alcuni è causa della maggior parte della sofferenza che sperimentiamo tutti i giorni.
Lavorare sul critico permette di trasformare l'energia di questa figura cambiare anche radicalmente la qualità della vita. Ne parlerò più in dettaglio nei prossimi post. Mi pare comunque che si possa dire che il nostro multiverso interiore è certamente piuttosto affollato!


sabato 19 agosto 2017

Il Potere Personale

di Julie Diamond, estratto del libro Power: A User’s Guide. Traduzione in italiano di Nicola Bertin.

Il Potere Personale è una combinazione di Rango Spirituale e Rango Psicologico (per maggiori informazioni sul concetto di rango leggi il post precedente, la percezione del Potere). A differenza del potere sociale, il potere personale non dipende da niente di esterno o sociale per il suo valore. Mentre il potere personale non può essere misurato, la sua influenza è incalcolabile. Comprende la nostra abilità a fare e mantenere amicizie, negoziare conflitti, promuovere i nostri interessi, affrontare le sfide, imparare dalle difficoltà, rialzarsi dai fallimenti ed essere sostenuti da un senso di significato e scopo nella vita.

Il Potere Personale è qualcosa di innato e anche qualcosa che si sviluppa nel corso della vita. Deriva dalle caratteristiche con cui siamo nati così come dalla nostra esperienza, le capacità e abilità che abbiamo sviluppato nella vita. A differenza del potere sociale, il valore del tuo potere personale non è in contrasto con quello degli altri. Non c'è confronto né competizione tra poteri personali. Ognuno di noi è unico e così è il nostro potere personale.

Qualcuno di noi è stato incoraggiato ed amato e il nostro potere personale viene dal supporto sociale. Qualcuno di noi ha lavorato duro per superare delle sfide e, facendolo, ha scoperto profonde risorse interiori. Qualche volta troviamo potere spirituale attraverso pratiche religiose o spirituali. Qualche volta siamo "grintosi", tenaci nell'affrontare le sfide, lavoriamo con costanza verso gli obiettivi e rimaniamo ottimisti.

Il Potere Personale viene anche dalle lotte, da quelle esperienze di vita che non sono state facili. Se non apprezziamo dove siamo stati, diamo le spalle alla parte di noi che è stata vittima. Lodare l'alto rango rispetto al basso rango può farci reagire da una posizione bassa e farci fare un cattivo uso del potere che abbiamo sugli altri.

Quadro di Arnold Mindell

giovedì 17 agosto 2017

La percezione del Potere

di Nicola Bertin

Esistono diversi tipi di potere. In moltissime canzoni è celebrato il potere dell'amore. Ma esiste anche un potere della forza fisica, uno dato dall'intelligenza, il potere del denaro, della bellezza, della persuasione, della politica, delle armi.
Esiste anche un potere personale, che viene dal profondo di ognuno di noi e nessuno ce lo può togliere.
Quale che sia il potere a cui vi riferiate, ogni individuo ha la necessità di sperimentare un qualche tipo di potere, di sentire che la propria presenza ha un impatto nel mondo intorno a sé. Citando il filosofo Friedrich Nietzsche, potremmo dire l'essere umano è un animale che ha bisogno di significato. Il potere permette all'essere umano di sentire che la propria presenza è significativa, ha un valore nell'economia generale dell'universo.

Una delle sensazioni peggiori che si possono sperimentare è infatti sentirsi powerless "senza potere". Ecco alcuni esempi di momenti in cui è possibile sentirsi senza potere:
Il partner che amo se ne va. L'azienda che mi dà lavoro mi lascia a casa. Mio figlio fa quello che vuole e non mi ascolta. Sono molto di fretta e trovo il semaforo rosso. Un rapinatore mi minaccia con un coltello. Sono ad una festa e nessuno si accorge di me. Scrivo un bellissimo post su facebook e non ricevo nemmeno un like. Sto partendo per le vacanze e mi si rompe l'auto. Sto parlando in pubblico e la gente sbadiglia annoiata. Sono alla cassa del supermercato e il bancomat non funziona. Cerco di scrivere qualcosa per un romanzo o una relazione e non mi viene in mente niente. E' tutta la vita che non riesco ad avere buoni rapporti con mia madre. Soffro una malattia che sembra incurabile. La morte di una persona cara.

Analizzando gli esempi sopra citati possiamo osservare che si tratta di aspettative, desideri, bisogni che vengono frustrati o delusi. In questo casi, il potere può essere percepito come ciò che sta in mezzo tra quello che vogliamo e la sua realizzazione o la mancanza di potere può essere percepita come un ostacolo superiore alle risorse che abbiamo a disposizione per ottenere quello che desideriamo.
C'è anche un altro aspetto interessante nell'uso del potere nelle relazioni. A volte, in una discussione animata, la capacità di esprimere il proprio punto di vista e gestire le proprie emozioni non è sufficiente per sfuggire alla sensazione di impotenza e frustrazione. In quel caso è possibile che emerga un'altra parte di noi che usa un potere diverso, più legato alla natura animale dell'uomo, aggressivo, violento, fortemente determinato.
Il Potere è legato a qualcosa di viscerale. Citando Arnold Mindell "Ognuno diventa agitato o violento se viene fortemente ignorato, marginalizzato e lasciato solo nella disperazione." (Conflicts: Phases, Forums, and Solutions, p38).

Nella Psicologia orientata al Processo, si parla di Rango come la somma dei privilegi di un individuo, che dipende dalle sue caratteristiche sociali e personali, all'interno di un determinato contesto. Il direttore di un'azienda, per esempio, all'interno del contesto aziendale ha sicuramente un rango superiore dell'impiegato appena assunto. A un rango alto è associato molto potere, a uno basso, poco.
I tipi di Rango sono, secondo la suddivisione di Julie Diamond:
Rango Sociale. Dipende da quanto un individuo si identifica o è visto come parte di un gruppo dominante nella società. I fattori che lo determinano possono essere, per esempio, razza, genere, età, ricchezza, nazionalità, religione, orientamento sessuale, salute, educazione, lingua.
Rango Strutturale. Dipende dalla gerarchia dentro un gruppo o un'organizzazione. Possono essere posizioni come direttore, impiegato, presidente, dipendente, con il potere legato alla posizione. La gerarchia può essere anche nascosta o non esplicita, come in una famiglia o un gruppo di conoscenti.
Rango Psicologico. E' il senso di sentirsi centrati, sicuri di sé stessi. E' connesso alla consapevolezza, l'auto-conoscenza e l'autostima. Il Rango Psicologico supporta l'abilità di esprimersi anche di fronte a grandi poteri sociali. Aiuta ad essere fluidi nella relazione in molte situazioni e a tollerare la tensione senza cadere a pezzi.
Rango Spirituale. E' un senso di sentirsi connessi a qualcosa di divino o trascendente che permette di rimanere centrati anche in mezzo a un terribile conflitto. E' indipendente dalla cultura, dalla famiglia e dal mondo. Viene dalla sensazione di essere "dalla parte giusta" e da a queste persone grande convinzione.

Il Rango e, quindi, anche il Potere
- è qualcosa che viene in buona parte - percepito -. E' possibile solo in parte misurarlo perché dipende in buona parte dalla percezione unica dell'individuo.
- dipende dal contesto.
- è perlopiù inconsapevole.
- dipende dalle risorse che siamo in grado di attivare o sviluppare.
- ha anche una forte influenza sulla salute fisica e psicologica di un individuo. Studi su fasce di popolazione negli Stati Uniti dimostrano che chi ha un rango più basso, rispetto a chi a un rango più alto, ha un'aspettativa di vita più bassa e una maggior disposizione a contrarre alcuni tipi di malattie.

Sviluppare capacità di comunicazione e gestione delle emozioni può cambiare la percezione del Potere e prevenire la degenerazione dei conflitti in conflitti violenti.
Sviluppare consapevolezza del proprio Rango può prevenire fenomeni di abuso e migliorare significativamente l'autostima e la relazione con sé stessi e gli altri.
Il modo in cui usiamo il nostro Potere dipende da come lo percepiamo. Il motivo principale per cui si fa un cattivo uso del proprio Potere è sentirsi deboli. Avere un alto rango e sentirsi deboli è la condizione più favorevole all'abuso di Potere.

Julie Diamond, coach, consulente di leadership e autrice del libro Power: A User’s Guide. Nel video qui sotto parla, accanto all'intelligenza emozionale e all'intelligenza sociale, di power intelligence come di una competenza che permetta un'uso proprio e consapevole del Potere. "Alla fine della giornata" sostiene Julie "quello che conta è il proprio potere personale."

Le cinque regole del potere secondo lei sono
1. Il Potere è una sensazione, non un fatto.
2. E' più facile sentire di avere poco potere piuttosto che sentire l'influenza positiva di un ruolo di grande potere.
3. Il contesto mette in discussione il Rango sociale.
4. Il Rango sociale, dato che dipende dal contesto, è estremamente fragile.
5. Il Potere Personale è ciò che legittima il potere della posizione per avere veramente un effetto e far accadere le cose.